CASTELPOTO
IL SANNIO QUOTIDIANO 15 febbraio 2019
Il sindaco dopo il Decreto Sicurezza
sfida il governo centrale su un nuovo progetto
VITO FUSCO BOCCIA L’AUTONOMIA REGIONALE
“Un suicidio, non faranno altro che
ampliare la distanza tra le aree ricche e quelle povere del Paese”
il sindaco Vito Fusco |
Il primo cittadino Vito Fusco dopo aver
bocciato senza prove d’appello il Decreto Sicurezza, adesso punta il dito
contro il disegno di Legge che avvantaggerebbe le soluzioni di autonomia
regionale volute dalla Lega.
In queste ore stanno andando avanti le
iniziative delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna finalizzate ad
acquisire una maggiore autonomia “…per ottenere, sotto forma di quote di
gettito dei tributi che vengono trattenute, risorse pubbliche maggiori rispetto
a quelle oggi spese dallo Stato a loro favore”, spiega Fusco che poi aggiunge:
“Questa è la secessione dei ricchi, come l’ha definita efficacemente Gianfranco
Viesti, le regioni a più alto reddito, trattenendo una parte maggiore delle
tasse raccolte nel proprio territorio, quindi sottraendola alla fiscalità
nazionale, lascerebbero alla deriva, al loro destino, le regioni più povere.
Peraltro, ad oggi non sono stati ancora definiti i Lep (livelli essenziali di
prestazione), per cui se una regione è più ricca ha diritto a servizi migliori
e a migliori condizioni di vita facendo venire meno il principio universale di
uguaglianza dei cittadini”.
Vito Fusco chiede “…una mobilitazione
straordinaria delle istituzioni e delle forze economico-sociali per impedire
questo disegno folle che spaccherebbe in due l’Italia con difficili possibilità
di ritorno”. Precisa di voler convocare un’assemblea dei sindaci sanniti estesa
ai parlamentari “…per adottare tutte le iniziative utili per tutelare il
principio di uguaglianza di tutte le comunità locali d’Italia Invierò anloga
richiesta al presidente nazionale dell’Anci”.
Aggiunge ancora il sindaco: “Una volta
approvate, Parlamento e Governo non potranno più modificarle se non con il
consenso delle Regioni interessate. Risulta evidente che esse, una volta
ottenute competenze, risorse, personale, accettino di tornare indietro. Si può
solo immaginare che la Corte Costituzionale verrebbe chiamata a esprimersi su
moltissimi aspetti di conflitto fra quanto viene deciso e i princìpi fondamentali
della Repubblica, aprendo così anche una lunga stagione di incertezza
normativa. Purtroppo, come già è accaduto con la riforma del Titolo V della
Costituzione e successivamente con i decreti sul federalismo fiscale, anche di
fronte a questo nuovo assalto alla diligenza, nel resto del mondo politico,
salvo poche eccezioni, stanno prevalendo tatticismi, calcoli di bottega e
complicità più o meno latenti. C'è un partito traversale che sostiene questo
progetto di disarticolazione del Paese, come gli stessi referendum in Lombardia
e Veneto hanno dimostrato qualche mese fa. Le Regioni a statuto ordinario e ad
autonomia differenziata godrebbero di un potere di interdizione di qualsiasi
iniziativa statale persino superiore a quello delle Regioni a statuto speciale.
Governo, Parlamento e cittadini italiani sarebbero privati di qualsiasi potere
d’iniziativa. Il Sud diventerebbe una riserva indiana, un luogo con enormi
deficit di cittadinanza dove far prosperare manodopera poco specializzata a
basso costo da impiegare prevalentemente in agricoltura e stagionalmente nel
comparto turistico. Una vera e propria secessione! Le istituzioni che
rappresentiamo non possono limitarsi ad assistere a questo ennesimo scippo ai
danni del Mezzogiorno che “certificherebbe” uno stato di minorità delle
popolazioni del Sud. Questa visione miope oltre alla palese violazione del
principio di uguaglianza dei cittadini, non contempla il fatto che con il
regionalismo differenziato si andrebbe incontro ad nuovo Medioevo: le regioni diventerebbero
piccole patrie e lo Stato si ritirerebbe da settori strategici con l’effetto di
limitare la competitività dell’intero sistema economico”.